Citazioni

Nel genere dell’acquarello, arduo e impegnativo per un pittore, Lina Pianca Benedetti si piazza magistralmente raggiungendo effetti di una fantasia che le sfuggono dallo sguardo con iI fremito di ali volteggianti.

Treviso, 1963 GIOVANNI COMISSO

Lina Pianca Benedetti un’acquarellista trevigiana impegnata in una mostra personale: è l’artista molto seria e molto attenta a tutti i problemi vitali e naturalistici, ricca d’una sensibilità e d’un gusto personalissimi…

Abano, 1963 ORlO VIDOLIN

La pittrice trevigiana Una Pianca-Benedetti offre, in questi acquarelli e disegni, il meglio della sua produzione. Gli acquarelli descrivono con mano leggera e sicura, paesaggi in cui gli accordi cromatici accusano una nobile e sorvegliata sensibilità, con originali accenti poetici. Belli i disegni a penna trattati, con grande leggerezza, essi accennano rapidamente alle cose con segno irre-quieto, rotto e tremulo, quasi trascurando le ombre e riescono, in questa loro immediatezza e rapi-dità, a una notevole efficacia rappresentativa, ricordando notazioni paesistiche, tra le più felici, di antichi e di moderni e la grafica tipica di certe cose giapponesi.

Alleghe 1963 WART ARSLAN

Lina Pianca Benedetti espone ad Alleghe nella sala di soggiorno dell’Albergo “Alle Alpi” con lo scultore Augusto Murer. La pittrice, delicata acquarellista dai toni freschi e spontanei presenterà una trentina di opere.

Alleghe, 1963 D. S.

Uno splendido successo ha arriso alla mostra di Lina Pianca Benedetti che ha esposto una bella serie di acquarelli e disegni alla Biblioteca Civica della nostra città, tanto che a richiesta del pubblico si è ancora protratta. Alla usuale tematica dell’artista di fiori e paesaggi, hanno particolarmente impressionato in questa personale, la prontezza intuitiva dei suoi ritratti. Il ritratto che anche nell’olio richiede una attenta analisi psicologica e lo studio del carattere, nell’acquarello impone la rapida ripresa delle linee somatiche. La Benedetti ha risolto il problema con una ricerca appassionata ed incisiva e ci ha dato dei volti espressivi e vivaci. L’acquarello non dà le vaste possibilità dell’olio, la sua tecnica, non certo di facile acquisizione, ha dei limiti oltre i quali ci si deve fermare. Eppure l’artista varia la sua impostazione e la sua visuale e passa indifferentemente dai fiori al paesaggio, dalle nature morte al ritratto, senza fratture, senza soluzione di continuità. I suoi fiori, ad esempio, sembrano lampi al magnesio, fuochi artificiali brillanti improvvisamente nel buio della notte, fiori ridenti, gai, tutti impeto ed animazione, spumeggianti di vita e di effetti cromatici. C’è intuito, finezza, variare di toni e di atmosfera, le macchie di colore si amalgamano in un accordo piacevole e di sicuro effetto pittorico.

S. Donà di Piave, 1966 NESTORE TRENTIN

Fedele alla sua tecnica dell’acquarello, l’artista ha raggiunto una bravura, una scioltezza, una abilità, da poter ormai ottenere qualunque effetto le si affacci alla fantasia. Ogni quadro ha una sua luce, un suo afflato, una sua espressione, un suo sentimento. Sembra fermare con immediatezza l’attimo fuggente, l’atmosfera che l’ha incantata, il paesaggio dell’anima. L’acquarello richiede prontezza di intuizione e la Benedetti in più si esprime in una forma tutta moderna, con un ritmo vivo e piacevole, la gamma coloristica cangiante e sensibile. In questi anni, dopo aver goduto diverse mostre dell’artista, vorrei dire che la maturità artistica è perfettamente raggiunta.

S. Donà di Piave, 1967 NESTORE TRENTIN

Acquarelli, come già abbiamo avuto, modo di notare in occasione della mostra a Treviso, nei quali la pittrice, abbandonata quasi completamente la discorsività grafica, lascia al colore e al la ritmicità timbrica il compito di dare una visione dell’insieme che deve rispondere alla realtà visiva pur non avendo in sè nulla di determinato. Le opere, libere da ogni espressionismo e sulle quali, come detto, il colore non solo predomina con i suoi toni delicati e suadenti, caldi e sfuma ti, ma anche dà origine ad una base oggettiva, interpretazione estetica della struttura, che può svilupparsi senza perdere nulla delle sue note caratterizzanti.

ENRICO BUDA

L’acquarello, trattato con tanta sapienza, è adatto a racconta re momenti di coincidenza di un tempo lungo che sta nell’anima con momenti brevi che appartengono alla vita dell’uomo: i pae= saggi, il cielo, le nuvole, la donna, il bambino. Nascono storie di alberi e monti, di case, di mare, di fiori, favole che ognuno di noi ama raccontarsi con immagini che appartengono insieme alla realtà e al sogno in una dimensione ideale della natura. La suggestione nelle opere di Lina Pianca Benedetti nasce dalla dissoluzione dei volumi attraverso la più stretta fusione fra luce e colore. Le composizioni vanno modulandosi, ritmicamente, attraverso ombre colorate e accordi luminosi di origine impressionistica. S i avverte contemporaneamente, a tratti, un impegno a circoscrivere la forma sfuggente: sono grandi macchie nuvolate riprese nei lembi da un segno-colore vibrato da una carica emotiva che esige immediatezza di trascrizione. Questo nervosismo sentimentale si dilata nei piani su prospettive fantastiche. Sono spazi interiori di corrispondenze emotive narrati semplicemente. I mezzi sono limpidi e la loro scelta ha necessità di pulita chiarezza. L’acquarello, trattato con tanta sapienza, è adatto a raccontare momenti di coincidenza di un tempo lungo che sta nell’anima con momenti brevi che appartengono alla vita dell’uomo: i paesaggi, il cielo, le nuvole, la donna, il bambino. Nascono storie di alberi e monti, di case, di mare, di fiori, favole che ognuno di noi ama raccontarsi con immagini che appartengono insieme alla realtà e al sogno in una dimensione ideale della natura.

Treviso, 16 aprile 1969 LUIGINA ROSSI BORTOLATTO

Alla “Chiocciola” un’ampia rassegna dell’opera di Lina Pianca Benedetti conduce il visitatore passo passo per regioni poetiche, che, dalla leggibilità più vicina ma pur sempre rigorosamente contenuta in termini che rifiutano il racconto pedissequo, accede ad un linguaggio evocatore di vastità ignote e di luminescenze arcane, dove è racchiuso il seme di un divenire cosmico meraviglioso e sereno. Sono acquarelli di formato alle volte limitato, nei quali il perfetto dominio tecnico riesce conferire al mezzo, di per se arduo, possibilità espressive diverse dallo usato, sicché le linee del paesaggio noto si sciolgono in sequenze puramente musicali, sfrangiate, come creste d’onda nei toni vibrati di contorni inattesi. Il paesaggio dell’immagine naturalistica a quella schiettamente surreale è graduale e continuo, da un dipinto all’altro del medesimo foglio, talchè l’approdare a forme fantastiche, risulta allo spettatore un processo spontaneo, che dischiude regioni ignote d’intima segreta poesia.

Padova, 1969 SILVANA WEIMER ROMANIN JACOUR

Delicato e semplice, meno vigoroso della pittura ad olio, l’acquarello si vendica della poca attenzione che ad esso viene riservata dalla maggioranza degli artisti, facendosi difficile e prerogativa di pochi. La sua tecnica non ammette infatti incertezze di alcun genere, nè ripensamenti, ciò che resta sul foglio o sul cartoncino è soltanto la “prima mano” che deve essere docile e sicura al tempo stesso. Fra i pochi artisti, che non temono questo tipo di pittura, senza appello, vi è Lina Pianca Benedetti, nativa di Vittorio Veneto, ma trevigiana di elezione, una pittrice che unisce ad una tecnica sicura un particolare lirismo interpretativo. I suoi acquarelli, alcuni di dimensioni mini, rappresentano la sintesi poetica delle varie manifestazioni della natura in tutte le sue sfumature. Albe e tramonti, marine e creste di monti, prati fioriti e lagune immerse nella nebbia nascono attimo per attimo in un susseguirsi di delicatissime pennellate di colore, ora acceso, ora sfumato, interrotto ad ogni tratto dal candore del foglio intatto. L’esperienza ed anni di lavoro, di autocritica e quindi di perfezionamento non hanno mutato, pur migliorando la tecnica, l’essenza prima della pittura di Lina Pianca Benedetti: un’ottimistica e felice visione della natura, fatta esclusivamente di luce e di colore, il saper “tradurre” attraverso semplici (in apparenza) sfumature di toni, emozioni vive, momenti vissuti. Osservatrice sensibile, Lina Pianca Benedetti riesce, attraverso quel suo pennellare or lento ed ampio, ora quasi nervoso e saltellante, a fissare sui fogli le diverse emozioni che emergono e si concretizzano proprio nella contemplazione della realtà. Ogni suo quadro è come una delicata poesia della natura. Ancora una volta, dopo aver esposto con grande successo a Verona, la pittrice ripropone in questi giorni i suoi acquarelli al pubblico trevigiano in una personale alla Galleria “Città di Treviso”. La rassegna non comprende soltanto paesaggi (bellissimi pure quelli raccolti in cartella), ma anche una interessante serie di fiori nei quali la tavolozza solitamente leggera – benchè ravvivata da improvvise vivacità, è più colorita – ed alcune bozze di ritratti si evidenziano per la loro semplice completezza.

12 gennaio 1969 VITTORIA MAGNO

Lina Pianca Benedetti ha portato alla Santo Stefano i suoi acquarelli. La pittrice trevigiana conosce il mezzo e Io usa con estrema attenzione, più intenta a creare un discorso emozionante che a fare del virtuosismo. Ogni opera si sostanzia di questa grazia di realizzazione e di una particolare poesia. La stesura è rapida e sicura, la scelta dei toni gradevolissima ed efficace, l’intenzione sollecitante, inoltre, sempre leggibile al fondo del racconto.

Venezia, 1970 GUGLIELMO GIGLI

Un sottile lirismo caratterizza questi acquarelli di Lina Pianca Benedetti esposti alla Santo Stefano: piccoli esili fogli su cui il colore lieve ricrea fugaci momenti atmosferici. La tecnica dell’acquarello, si sa, è difficile: non esige pentimenti ma mano rapida e lieve. La pittrice trevigiana vi si trova a suo agio, trovando, pur nel linguaggio sfuggente appena allusivo, una certa fIuidità e freschezza di stesure.

Venezia, 1970 Dott. PAOLO RIZZI